
Quando mi hanno chiamato per tenere un TEDx Talk a Lucca, ho sentito due emozioni contrastanti: l’entusiasmo di poter condividere qualcosa che mi sta profondamente a cuore e il terrore del palcoscenico.
Sì, perché nonostante lavori con la comunicazione da 25 anni, l’idea di condensare in 15 minuti il frutto di anni di studio e osservazioni sul comportamento umano era una sfida non indifferente.
Ma andiamo con ordine.
Curiosamente, solo poche settimane prima dell’evento ero già stato a Lucca con la mia famiglia per il Lucca Comics. Se la prima volta era stata una vacanza spensierata tra fumetti e cosplayer, questa volta l’atmosfera era completamente diversa.
Siamo arrivati il giorno prima dell’evento. Diego, mio figlio, nonostante sapesse quanto fossi concentrato sulla preparazione, non ha perso l’occasione di trascinarmi in una piccola fumetteria specializzata vicino all’hotel dove alloggiavamo.
“Papà, solo cinque minuti, promesso!” mi ha supplicato con quegli occhi che sanno benissimo come farmi cedere.
Quei “cinque minuti” si sono trasformati in un’ora intera, ma guardandomi indietro, è stata l’ora più preziosa di tutto il viaggio. Mentre Diego esaminava minuziosamente ogni manga disponibile e confrontava serie di carte da gioco con la precisione di un broker di Wall Street, io ho avuto modo di osservare i suoi desideri in azione. Proprio quello di cui avrei parlato il giorno successivo sul palco.
“Questo lo hanno tutti a scuola“, mi ha detto mostrandomi un manga dalla copertina coloratissima. E in quella semplice frase c’era tutto: il confronto sociale, il modello di riferimento, il desiderio che nasce dall’osservazione degli altri. Una dimostrazione pratica e inaspettata del tema che avrei affrontato sul palco il giorno successivo.
“Andrea, respira“, mi sono detto in quel momento. “Domani hai una grande responsabilità“.
“Non parlerai solo di marketing o neuroscienze. Parlerai di come viviamo, di cosa scegliamo di desiderare, di come costruiamo la nostra identità. E vuoi che i tuoi figli, Mia e Diego crescano in un mondo diverso da quello che stiamo creando ora.“
Quella notte, guardando insieme a mia moglie le luci di Lucca dalla finestra della nostra stanza, ho fatto una promessa a me stesso: che ogni parola sul palco sarebbe stata autentica, che avrei parlato non solo come esperto di neuromarketing, ma come padre, come essere umano preoccupato per il futuro che stiamo costruendo.

Salire su quel palco è stata un’esperienza surreale. Le luci, il famoso tappeto rosso del TEDx, il silenzio carico di aspettative. Mi sono ritrovato a guardare verso le prime file, dove Chiara, Mia e Diego mi sorridevano incoraggianti.
Non ricordo con precisione i primi secondi del talk. So che ho iniziato con quelle parole che avevo ripetuto decine di volte: “I desideri sono il vento che gonfia le vele della nostra vita. Più sono impetuosi, più ci spingono in avanti, guidando le nostre scelte, dominando le nostre azioni, a volte senza che nemmeno ce ne accorgiamo.“
E poi, improvvisamente, tutto è fluito. Non stavo più recitando un discorso preparato, stavo condividendo qualcosa in cui credo profondamente: che i nostri desideri non nascono nel vuoto, che siamo esseri sociali che si definiscono attraverso il confronto con gli altri, che i modelli a cui ci esponiamo plasmano ciò che desideriamo.
Quando ho guardato verso i miei figli, Mia e Diego, mentre spiegavo la differenza tra bisogni e desideri, ho visto nei loro occhi la stessa curiosità che vedo quando analizzano un nuovo manga. E in quel momento ho capito che stavo parlando anche a loro, alla loro generazione, a un futuro che potrà essere diverso se inizieremo a essere più consapevoli.
Cosa mi ha insegnato questa esperienza
Preparare e tenere un TEDx Talk è stato un viaggio di scoperta.
Ecco cosa ho imparato:
- La sintesi è un’arte difficile: Condensare anni di riflessioni in un discorso di 15 minuti mi ha costretto a identificare ciò che è veramente essenziale nel mio messaggio.
- La vulnerabilità è una forza: Parlare di come i desideri mi influenzano personalmente, anziché limitarmi a una lezione teorica, ha creato una connessione più profonda con il pubblico.
- Il pubblico respira con te: Ho imparato a sentire l’energia della sala, a rallentare quando percepivo che un concetto richiedeva più tempo per essere assimilato.
- La preparazione è tutto, ma l’autenticità è di più: Nonostante abbia provato il discorso innumerevoli volte, i momenti più potenti sono stati quelli non programmati, quando ho lasciato parlare il cuore.
- Il formato TEDx è una disciplina: Rispettare tempo, ritmo e linearità del discorso è stata una palestra mentale straordinaria che mi ha reso un comunicatore migliore.
Non ho scelto di parlare di desideri e modelli sociali perché è un argomento accattivante o perché si collega al mio lavoro nel neuromarketing. L’ho fatto perché credo che stiamo vivendo un momento critico nella nostra evoluzione sociale.
In un’epoca in cui i modelli di riferimento vengono selezionati non per i valori che promuovono ma per la loro capacità di generare attenzione, in cui l’arroganza diventa spettacolo e poi modello da emulare, è fondamentale fermarsi a riflettere su chi e cosa sta plasmando i nostri desideri.
Come ho detto nel talk, non sono nato “detective del comportamento” per caso. La mia ossessione per capire perché le persone “cliccano o non cliccano sui pulsanti di aggiunta al carrello” nasce dalla consapevolezza che dietro ogni click c’è un desiderio, e dietro ogni desiderio c’è una storia, un modello, un valore interiorizzato.
La preoccupazione più grande, quella che mi ha spinto sul palco del TEDx, è che stiamo permettendo a un sistema orientato esclusivamente al profitto di plasmare i modelli che poi generano i nostri desideri. E questo ha conseguenze profonde non solo su cosa compriamo, ma su chi diventiamo.
Un ricordo indelebile
Al termine del talk, mentre il pubblico applaudiva, ho cercato con lo sguardo Mia, Diego e Chiara. Li ho visti emozionati, sorridenti, e in quel momento ho capito che, al di là del messaggio che avevo condiviso con la platea, quello era il mio vero successo: essere lì, presente, autentico, davanti alle persone che amo di più.
Dopo l’evento, mentre tornavamo in hotel, Diego mi ha chiesto: “Papà, cosa hai detto che era così importante? Tutti ti applaudivano.“
Gli ho risposto semplicemente: “Ho parlato di come scegliere cosa desiderare può cambiare la nostra vita e forse anche il mondo.“
Ha annuito, pensieroso, poi ha aggiunto: “Come quando ti ho fatto comprare quel manga che tutti avevano a scuola, anche se poi non mi è piaciuto tanto?“
Ho sorriso, rendendomi conto che a volte i nostri figli comprendono più di quanto immaginiamo. “Esattamente così, campione. Esattamente così.“
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